Dune di Castel Porziano

di Silvia Fratini

L’ambiente dunale

L’ambiente di transizione tra la terra emersa e il mare è caratterizzato da condizioni ambientali quasi estreme che limitano l’esistenza e la distribuzione delle piante alle sole che vi sono adattate.
I fattori che condizionano maggiormente la vita delle piante in ambiente dunale sono: il grado di salinità dell’acqua che, se elevato, provoca un appassimento delle piante per osmosi; il vento salmastro, che brucia le foglie e, a causa dei granuli di sabbia in sospensione, ne smeriglia la superficie; la mancanza di humus nel terreno e la sua forte permeabilità; l’escursione di marea, che sommerge temporaneamente alcune aree. L’influenza di ciascuno di questi fattori sugli esseri viventi non è costante ma dipende, oltre che dalla distanza dal mare, dall’azione congiunta di ciascun fattore con tutti gli altri .

Per questo motivo le piante adattate alla vita ad una determinata distanza dal mare si raggruppano in fasce parallele alla linea di riva e sono dette “associazioni vegetali”. Queste comunità hanno una composizione floristica che rispecchia la variazione ecologica del passaggio dall’ambiente di battigia a quello più interno.

Nella fascia più vicina al mare vivono pochissime specie erbacee annuali che germinano solo quando nel terreno è presente sostanza organica in decomposizione (nitrofilia). In genere queste piante per resistere all’appassimento per osmosi sono succulente e possiedono un ciclo vitale (germinazione, fioritura, fruttificazione, morte) molto rapido. Queste specie vengono comunemente denominate “pioniere” perchè, grazie agli adattamenti citati e alla produzione di un gran numero di semi con adattamenti per la più ampia distribuzione, riescono in breve tempo a colonizzare i suoli nudi e a renderli ospitali per le specie più esigenti; tra queste si ricorda il ravastrello marittimo (Cakile maritima), specie che dà il nome della prima fascia di vegetazione, il Cakileto.

Le fasce di vegetazione posizionate su suoli più evoluti sono costituite da una flora più ricca e varia, che comprende anche specie perenni.  L’Agropireto è caratterizzato dalla gramigna delle spiagge (Agropyron junceum), cui si accompagnano la soldanella di mare (Calystegia soldanella) e la santolina delle spiagge (Otanthus maritimus); è la fascia di vegetazione dei primi cordoni dunali ancora mobili e si presenta piuttosto discontinua. L’Ammofileto, con sparto pungente (Ammophila arenaria), pastinaca marina (Echinophora spinosa) e calcatreppola (Eryngium maritimum), è la fascia che, grazie agli estesi apparati radicali e all’alta copertura del suolo delle piante che la costituiscono, stabilizza la duna creando i veri e propri cordoni dunali (dune fisse). Queste due fasce di vegetazione, proprio per le caratteristiche dette hanno un ruolo ecologico molto importante; la sabbia imbrigliata nel cordone dunale rappresenta infatti un “serbatoio” di sedimento per il ripascimento naturale della spiaggia, mentre la densità delle piante e l’altezza del cordone, che può arrivare anche a 20 m, creano una barriera naturale all’intrusione dei venti salmastri, proteggendo le porzioni retrostanti anche da possibili inquinamenti provenienti dal mare.

Nella zona del retroduna si trovano associazioni vegetali che accolgono specie più esigenti, ad esempio per quanto riguarda la presenza di humus nel terreno e la minore salinità della falda acquifera. In particolare si ricordano il Crucianelleto con la crucianella marittima (Crucianella maritima) e il giglio di mare (Pancratium maritimum) e, come caso estremo, l’Erianteto che rappresenta vegetazione delle depressioni umide retrodunali, inondate durante i periodi di maggiori precipitazioni, dove vegetano la canna del Po (Erianthus ravennae) e varie specie di giunchi (Juncus sp.pl.).

La situazione delle dune in Italia

Lo stato delle coste in Italia è purtroppo piuttosto allarmante e si evince da un recente studio del WWF sullo stato dell’ambiente in Italia, volto all’individuazione delle aree selvagge italiane (aree a basso impatto antropico); su 30 milioni di ettari di territorio italiano solo il 20% può essere considerato selvaggio e comprende prevalentemente aree montane.
Per quanto riguarda le coste italiane i dati ci indicano la presenza di soli 412 km di costa selvaggia su un totale di 7680, per una percentuale del 5,4%.
Il dato sconfortante riguarda la distribuzione regionale di queste aree: 292 Km si trovano in Sardegna, 68 Km in Emilia Romagna, 22 Km in Puglia, 18 Km in Basilicata, 12 Km in Sicilia; tutte le altre regioni, compreso il Lazio, non hanno alcun tratto di costa sottoposto a basso impatto antropico.
Al momento l’unica forma di tutela esistente per le aree costiere è la legge 431 del 1985 (Legge Galasso), che impone un vincolo detto “paesaggistico” ai “territori costieri compresi in una fascia di 300 m dalla linea di battigia…”.

Le aree dunali del litorale del Comune di Fiumicino: Focene e la foce dell’Arrone.

Il litorale del Comune di Fiumicino ha subito negli anni una fortissima pressione antropica, che ha portato all’edificazione quasi totale della costa, tuttavia è rimasto qualche lembo di vegetazione dunale; tra queste figura il litorale di Focene antistante l’Oasi di Macchiagrande, in prossimità dello sbocco al mare del Canale dello Stagno, dove si trovano piccoli cordoni dunali di altezza limitata.

Il calpestio molto intenso, in particolare durante il periodo estivo, ha provocato un fenomeno di arretramento delle fasce di vegetazione, per cui oggi è possibile ritrovare quasi tutte le specie caratteristiche della varie associazioni mescolate tra loro in un mosaico di vegetazione in cui è difficile riconoscere i diversi aggruppamenti.

Tra le specie più diffuse vi sono la gramigna delle spiagge, la pastinaca, la camomilla marina (Anthemis maritima), la soldanella di mare, l’euforbia delle spiagge (Euphorbia peplis), la gramigna delle sabbie (Sporobolus pungens), l’erba medica marina (Medicago marina) e il giglio di mare. Quest’ultima specie è ritenuta in via di estinzione ed è protetta dalla legge regionale sulla flora spontanea (L.R. 61 del 1974) che ne prevede il divieto di raccolta.

L’assenza di sparto pungente (di cui è presente un piccolo aggruppamento nell’Oasi di Macchiagrande, lungo la recinzione in vicinanza del canale) è probabilmente da mettere in relazione con la dinamica delle dune, ancora mobili sia per l’azione del disturbo antropico, sia per la presenza del canale di sbocco; il Canale dello Stagno, in quest’area di foce, è in continuo movimento e provoca variazioni della morfologia e della salinità nella zona circostante, a causa sia degli eventi meteorici, che dell’escursione di marea.

In questo tratto, dove si mescolano le acque salse marine e le acque dolci provenienti dalle idrovore, sono presenti piccoli aggruppamenti di specie alofile (adattate alle falde salmastre) tra cui si ricorda la enula bacicci (Inula crithmoides).

Nell’area interessata dalla foce dell’Arrone permangono alcune dune a ridosso della recinzione di Cesoline, impostate purtroppo su cumuli di immondizia. La rilevanza naturalistica di quest’area, oltre alla zona di Bocca di Leone e Cesoline di cui si tratta nel capitolo successivo, è data dalla presenza della foce del fiume, che interessa un largo tratto di litorale. Anche qui le variazioni della portata del fiume, assai più ampie del caso precedente, sono alla base dei cambiamenti di fisionomia di tutta l’area occupata dalla foce, a cui corrispondono variazioni altrettanto repentine della composizione floristica della vegetazione. In periodi caratterizzati da consistenti precipitazioni, in cui il regime del fiume prevale su quello del mare, con un conseguente abbassamento della salinità dell’acqua, si assiste alla germinazione di specie igrofile di ambiente fluviale quali la lisca (Typha sp.) e il giaggiolo (Iris sp.), a scapito della vegetazione dunale tipica.

Le oscillazioni di livello del fiume Arrone interessano anche l’area retrostante la spiaggia, corrispondente alla depressione retrodunale e in contatto con la macchia di Cesoline; qui sono le praterie di falasco (Imperata cylindrica), giuncacee (Juncus sp.), ciperacee (Schoenus sp.) e sparto delle dune (Spartina juncea), generalmente adattate a falde salmastre, a subire oscillazioni della propria estensione.

Le due aree dunali di cui si è trattato, pur se molto antropizzate, conservano ancora un significato ecologico e naturalistico piuttosto elevato, basti pensare all’abbondanza del giglio di mare a Focene, e meriterebbero quindi un intervento di protezione deciso.

La macchia mediterranea

La vegetazione legnosa delle coste sabbiose è costituita, nella fascia più vicina al mare, da fitti arbusteti sempreverdi di altezza variabile tra 1 e 2 m; questo tipo di vegetazione prende il nome di macchia mediterranea e si ritova in tutte le coste del Mediterraneo. La sua origine può essere naturale come stadio di successione dalla vegetazione erbacea dunale a quella forestale, ma più spesso è secondaria, come sostituzione del bosco litoraneo per incendio o pascolo.

La macchia mediterranea è costituita da specie sempreverdi con foglie coriacee (sclerofille) per lo più ricoperte di cere sulla pagina superiore e a volte con densi peli su quella inferiore; questi adattamenti permettono alle piante di abbassare il tasso di traspirazione durante la fotosintesi consentendogli di sopravvivere in questo ambiente caratterizzato da un periodo prolungato di siccità durante l’estate.
La compattezza della comunità vegetale è determinante per il mantenimento dell’umidità del suolo e per la protezione dai venti marini, in particolare dalle libecciate; contribuiscono a questo adattamento le numerose liane che vivono in questo tipo di vegetazione, in particolare la stracciabraghe (Smilax aspera) e la clematide (Clematis flammula).

Le specie che costituiscono la macchia mediterranea nelle fasce più interne sono le stesse che formano la foresta retrostante, tuttavia le condizioni ambientali quali la scarsa evoluzione del suolo e ad alcuni fattori fisici, tra cui domina il vento, impediscono alle piante di svilupparsi in forma arborea e le costringono a mantenere un portamento arbustivo. Il vento è anche il responsabile del modellamento dei cespugli della macchia, che generalmente hanno una forma a losanga (a bandiera) il cui vertice è rivolto verso il mare.

Anche nella macchia si nota una variazione di composizione floristica nella formazione vegetale nel passaggio dall’ambiente a ridosso della duna, più selettivo, a quello interno, in contatto con la foresta planiziale e protetto dai cordoni dunari. L’altezza delle piante inoltre aumenta dal mare verso l’interno, determinando la presenza di due fisionomie di vegetazione differenti, la macchia bassa a ridosso delle dune e la macchia alta all’interno.

La fascia di macchia bassa è generalmente dominata dal ginepro coccolone (Juniperus oxycedrus var. macrocarpa) mentre in quella alta domina l’olivella (Phillyrea angustifolia e P. latifolia) con il ginepro fenicio (Juniperus phoenicea). Si accompagnano a queste specie altri arbusti quali il lentisco (Pistacia lentiscus) e, nelle zone più interne e protette, il corbezzolo (Arbutus unedo), l’erica (Erica multiflora e E. arborea) e il leccio (Quercus ilex).

Nelle aree degradate, dove è frequente l’incendio o lungo i sentieri di passaggio nella macchia, sono spesso presenti aggruppamenti a cisto femmina (Cistus salvifolius) o cisto rosso (Cistus incanus) che insieme al ginepro coccolone possono formare delle vere e proprie macchie basse.

La macchia mediterranea è in contatto con le formazioni arboree delle aree planiziali, costituite da boschi di leccio (Quercus ilex) e/o sughera (Quercus suber) ad esempio sul litorale romano, oppure da boschi di querce caducifoglie, quali cerro (Quercus cerris) e farnetto (Quercus frainetto), come nella foresta del Parco Nazionale del Circeo.

Boschi igrofili

Un tipo particolare di foresta della piana costiera laziale sono i boschi igrofili, che un tempo dominavano per estensione in questo territorio coperto da paludi. Si tratta di aree depresse che si inondano durante i periodi di massima piovosità (primavera ed autunno) formando le cosiddette “piscine”, circondate da frassino meridionale (Fraxinus oxycarpa), ontano (Alnus glutinosa), pioppi (Populus sp.pl.) e farnia (Quercus robur). La particolarità naturalistica di queste aree, oltre alla fragilità ecologica che le caratterizza, è la variazione della flora erbacea delle piscine durante l’anno; inoltre la presenza di acqua durante la maggior parte dell’anno rende questi siti molto importanti per la fauna.

Le bonifiche di questo secolo hanno purtroppo decretato la quasi totale scomparsa di questo tipo di boschi che nel Lazio presentano una certa estensione nel Parco Nazionale del Circeo e nella tenuta Presidenziale di Castel Porziano e di cui si ritrova un piccolo lembo presso la foce dell’Arrone (Maccarese).

Il bosco igrofilo di Cesoline o Bocca di Leone

A ridosso del fiume Arrone presso la sua foce, nella zona di Maccarese, si trova un lembo di bosco igrofilo a frassino meridionale. Circondato da boschi sempreverdi ed estesi cespugli di rovi questo bosco si è mantenuto dopo la bonifica della zona (Bonifica delle Pagliete) proprio per la vicinanza della confluenza del fiume con il fosso Tre Cannelle.

Lo strato arboreo del bosco è dominato dal frassino meridionale mentre al livello più basso si trovano olmo (Ulmus minor) e corniolo (Cornus mas). La particolarità di questo bosco è la vegetazione erbacea caratterizzata da carice ascellare (Carex remota) e maggiore (C. pendula) e bellissime fioriture di giaggiolo puzzolente (Iris foetidissima) e acquatico (I. pseudacorus). Rilevante è la presenza nei mesi invernali di ranuncolo favagello (Ranunculus ficaria subsp. bulbifer), specie rarissima nel Lazio, segnalata in due sole località.

Questo bosco rappresenta, nei mesi invernali ed estivi, quando la piscina è piena, una fotografia dell’ambiente litorale pre-bonifica e meriterebbe quindi di essere tutelato.

BIBLIOGRAFIA
AA.VV., 1958 – La flora. TCI “Conosci l’Italia” vol. II
Gisotti G., 1985 – “Aspetti naturalistici del litorale romano” in “Capocotta ultima spiaggia” Ed. Quasar, Roma
Petriccione B., Pani F., 1990 – “Primo contributo alla conoscenza sintassonomica dei boschi igrofili nel Lazio” in Studi sul territorio Ann. Bot. (Roma) vol. XLVIII, supp. 7.
Pignatti S., 1982 – Flora d’Italia. Edagricole.
Polunin O., Walters M., 1987 – Guida alle vegetazioni d’Europa. Zanichelli.

Su questo sito utilizziamo i Cookie secondo le finalità indicate nella nostra Cookie Policy. Prima di continuare ti chiediamo di fornirci il tuo consenso. MAGGIORI INFORMAZIONI

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi