di Maria Gabriella Villani e Giovanni Zorzi
Il nome Maccarese sembra derivi da “Vaccareccia” o “Vaccarese”, infatti negli acquitrini si praticava il pascolo di vacche, di razza maremmana e anche di bufali, sembra introdotti dai Longobardi nel VI secolo d. C. Le famiglie nobiliari, che nel tempo si sono succedute nella proprietà, mantennero i terreni allo stato primitivo utilizzandoli per il pascolo. L’ultima, quella dei Rospigliosi, provvide tra l’altro al restauro nel 1765 del Castello di Maccarese o Castel San Giorgio, detto, perciò, anche Castello Rospigliosi.
Il Governo Italiano, subito dopo l’occupazione di Roma (1870), si occupò della bonifica per liberare il territorio dal flagello della malaria. Un tentativo era stato effettuato qualche anno prima dallo Stato Pontificio, ma senza esito positivo. Nel 1878 venne approvata una legge per la bonifica dei terreni intorno a Roma.
Arrivarono dal Nord i primi “ravennati” che nel 1884 iniziarono l’opera di bonifica dei grandi stagni di Ostia e di Maccarese. Il loro lavoro fu immane, sperduti nella desolazione dell’agro molti morirono di stenti e di malaria. Furono realizzati 94 km di canali ed un impianto idrovoro. L’opera si concluse nel 1891 ma il prosciugamento nella zona di Maccarese non fu completato. Il parziale fallimento era dovuto principalmente alla mancata trasformazione fondiaria: i latifondisti, infatti, non erano affatto interessati a sostenere le elevate spese di manutenzione delle opere di bonifica poiché gli acquitrini erano l’ambiente più idoneo all’allevamento delle loro mandrie di bufali.
Al fine di realizzare la necessaria trasformazione fondiaria, nel 1925 viene fondata da parte della Società Generale per le imprese di bonifica e irrigazione, gestita da importanti istituti finanziari, la “Maccarese Società Anonima di bonifiche”, SAB, che nell’aprile 1925 entra in possesso della tenuta, acquistando oltre 4.500 ettari di territorio in gran parte coperto da palude. L’obiettivo è quello di bonificare, e poi coltivare, per rivendere ad un maggior prezzo.
Nel 1925 erano 50 i residenti, l’anno successivo si passò a 3.000 grazie alla rete stradale e all’acquedotto potabile realizzati dallo Stato. Nel 1927 viene approvato con decreto governativo il progetto per la bonifica dell’area. Le opere vengono realizzate in due lotti: il primo, affidato in concessione al consorzio costituitosi nello stesso anno tra il principe Giovanni Torlonia e la SAB, riguarda il bacino a Sud dell’Arrone fino al porto canale di Fiumicino; il secondo lotto riguarda il bacino delle Pagliete, a Nord dell’Arrone e viene dato in concessione alla SAB (proprietaria del 60% dell’area). Contemporaneamente si procede alla costruzione di case e impianti. Gli insediamenti abitativi sono dimensionati per 4.000-5.000 abitanti che si pensa possano arrivare a 8000, divisi in tre aggregazioni principali: un villaggio a ridosso del Castello San Giorgio, provvisto di ospedale, parrocchia, scuola, ufficio postale, negozi e officine; il centro industriale adiacente la stazione, comprendente un silos per 20.000 quintali di cereali, una centrale per la raccolta del latte, una cantina per 60.000 ettolitri di vino, magazzino per le macchine agricole, stalla per l’esposizione e la vendita del bestiame; 35 micro aziende agricole poste a distanza regolare. Venne installata una rete elettrica ed una rete per l’acqua potabile, che attingeva da tre pozzi artesiani.
La scelta delle coltivazioni fu effettuata tenendo conto delle diverse caratteristiche dei terreni: nelle zone irrigue cereali, foraggi e ortaggi, nelle aree più asciutte delle dune costiere furono impiantati estesi vigneti. Ai bufali vennero sostituite mucche di provenienza alpina e olandese e si allevano cavalli e muli per l’esercito. Vernnero ingaggiati circa cinquemila coloni con un contratto di gruppo, il cui compenso comprendeva una parte dei prodotti agricoli. I coloni provenivano dalle regioni pover del Nord, dal Veneto in particolare, che all’epoca attraversavano un periodo di grandissima povertà. Si creò quindi una vita sociale interna all’azienda che per molti anni fu completamente separata dal circondario. La bonifica si conclude nel 1936.